Ci vuole tempo, ci vuole coraggio per ammettere di essere infelici. Sei infelice? Io non ho la tua risposta. Cazzo, (senti come suona…sbagliato questo “cazzo”?) la vita ruota intorno a una questione essenziale: felicità e infelicità. Da adolescente pensavo che o eri felice o il suo contrario. Poi sono subentrate le varianti. Variante di assaporare l’infelicità tanto da avvertire che, in fondo, non lo era poi così tanto.
Provate a colorare un foglio di nero, lasciando in un angolo, intonsa, una piccola zona bianca. Immaginate che il nero sia la paviditá della routine che vi avvolge: e ora pensate di scoprire nel piccolo esergo di un romanzo un angolo di autenticità. Ogni sera vi fate trascinare in un romanzo d’avventura o osate scriverlo. Kafka era un burocrate, e ha scritto capolavori. Leopardi era uno dei più grandi poeti di tutti i tempi, ma infelice sopra tutti loro, perché la sua sottigliezza nel suo sentire oltrepassava ogni illusione, ogni orpello che la coscienza ci pone davanti per tenerci lontani dalla disperazione di essere qui, dunque destinati al non esserci.
E d’altro canto mi chiedo se alcuno sia stato mai, felice. Col senno del poi mi accorgo che, quando mi credevo felice, ero ingannata dalle mie stesse illusioni. Che se solo avessero superato la misura del plausibile sarei stata un’altra. Più infelice ma non sciocca.
Alla salute!