Bullismo. Una testimonianza

Per tutti i ragazzi che hanno subìto o subiscono bullismo.

Riporto la testimonianza vera di P., una ragazza di 13 anni.

Cara M.,

ho scritto questa lettera perché incomincio a capire che ci sono, in questo momento, molti ostacoli, che sembrano irraggiungibli. Il 1°, il più evidente è il comportamento che hanno con me “quelli dietro”. Non so come dirtelo perché sembra tutta una contraddizione. L’I. è simpatico, il M.B. è molto carino però nello stesso tempo mi odiano. Cioè, io penso che mi odiano… se mi danno quegli “gnocchi” in testa (se così si chiamano) e se mi dicono “sfigatella con i capelli da padella!” è perché certo non gli sto tanto simpatica. Ma questo che non sia la bellezza incarnata non è una scusa per trattarmi come la suola delle scarpe. Intanto io ho cercato di rispondere ma non sono proprio fatta per le parolacce, io ho questo grande difetto di aver paura di reagire. Forse perché non mi piace il detto “occhio per occhio, dente per dente” però mi rendo conto che non può continuare così. Se io sto davanti non potrò parlare con te o almeno ascoltare quello che vi dite tra te e la F. o l’altra M..

In questi giorni mi sento così sola. Ma non preoccuparti mi capitano questi periodi è solamente che vorrei tanto un fidanzato. Non è bello sentire ogni volta che salgo sul pulmino di C. (qui la lettera dice il nome del luogo) che non sono carina. Ma spero un giorno di trovare qualcuno che mi apprezzi, così come sono fatta. Non ti nascondo che, sotto sotto, ho detto a mio papà andare a parlare (sic!) in comune, lui mi ha detto che andrà però io devo fare qualcosa per difendermi. Aiuto, io non sò (sic!) cosa debbo fare! Sta succedendo tutto così in fretta, ogni giorno qualcosa và sempre male anzi mi fa male. Ormai ho talmente parlato di questo argomento con mia sorella che lei non vuole più sapere. Sì, forse ha ragione, meno parole e più fatti.

Ma io ogni sera, quando mi fermo a riflettere, mi viene sempre da piangere a sentire che nessuno sta accanto a me veramente.

P. vuole rimanere anonima ma ci tiene a far sapere che, a distanza di 15 e più anni, ha capito che quei bulli erano i veri sfigati. E che, ovviamente, il bullismo è una montagna di m*rda (non riesce ancora a dire parolacce!). Basta veramente poco per fermarla, con il suo odore nauseante e la sua sporcizia. Mi ha detto che il segreto è questo:

“Non tacete di fronte ad atti di bullismo, ogni volta che scegliete di tacere diventate complici dei bulli.”

bullismo

 

 

Cultura senza prospettiva. Riflessione su giovani e lavoro

“Cosa desidera, signore?”
“Un po’ di prospettiva. O ne siete sprovvisti?”

È il dialogo tra un cameriere e il critico culinario Anton Ego del film di animazione “Ratatouille”, forse la scena clou e più importante dell’intero film. Ecco, è forse questa “prospettiva” che noi giovani pensatori rampanti sentiamo mancarci sotto i piedi?

Ci insegnano fin dall’elementari la geografia, la storia, la letteratura italiana, la matematica e le scienze. Ci infarciscono di cultura teorica come le sacher con la marmellata. Di questo calcio sono fatte le nostre ossa: di Dante, di complemento predicativo del soggetto e fotosintesi clorofilliana. I più diligenti di noi studiano e approfondiscono anche oltre i banchi di scuola. Si ampliano le passioni ad altri ambiti artistici: chi coltiva la fotografia, chi la scrittura, chi la musica. C’è perfino chi ama studiare a tal punto da decidere di proseguire gli studi oltre la scuola dell’obbligo: è difficile ma ha un suo prestigio. E poi arriva un certo punto in cui la società, che fino ad allora ti aveva spinto ad eccellere negli studi e a coltivare le tue passioni, ti dice “hey, queste cose non mi servono”. Dante è solo un orpello per l’HR, il “demonietto” che si nasconde dietro la scrivania durante il colloquio di lavoro e che annota ogni tua virgola. Lo vedi: ti sta già vagliando dall’alto della sua posizione. Il tuo diploma, di liceo classico o scientifico che sia, la tua laurea, triennale o magistrale, il tuo dottorato, di colpo, si azzerano. Si azzerano i libri studiati, le fotografie scattate a paesaggi stranieri. Anzi, quei titoli non sono che il prezzo che hai pagato per essere lì, alla sua soglia: i fantocci che hai bruciato per ingraziarti quella divinità capricciosa e maligna. E lì capisci che a lui (o lei) non interessi te, la tua forma mentis, la tua capacità di apprendere, la tua cultura: sei un oggetto del mercato ora, una pedina che deve conoscere già le mosse sulla scacchiera e le competenze tecniche e pratiche per vincere.

Ma il problema qual è, il problema chi è in questo difficile gioco di sopravvivenza? Il problema è la scuola o il lavoro? Oppure il problema siamo noi?